– 7 GIORNI ALL’UDIENZA DEL TAR: LA STORIA DI NINO

By stopcasteller

È inizio aprile di quest’anno quando la forestale trova un cucciolo di orso abbandonato in un canalone in Val d’Algone. La mamma non torna a recuperarlo e il suo stato di deperimento richiede un intervento immediato. Tuttavia passano giorni e per l’orsetto, ormai agonizzante, viene infine chiamato il veterinario Guadagnini, perché effettui l’eutanasia.
Il veterinario, però, decide di salvarlo e di portarlo con sé in clinica. La ripresa dell’orsetto è sorprendentemente rapida. Si ristabilisce in fretta e viene nutrito con tecniche di camuffamento, mirate ad evitare l’imprinting, in modo tale da garantire al cucciolo di poter tornare libero, una volta giudicato in grado di cavarsela da solo.

Ma la liberazione di Nino da subito appare lontana dalle intenzioni della PAT. In un momento storico e politico di guerra aperta agli animali selvatici e di campagna elettorale basata sulla rimozione degli orsi, si va ad aggiungere la vicenda della tragica morte di Andrea Papi, che viene vilmente sfruttata da Fugatti nel suo diffondere odio e isterismi contro il nemico numero uno, l’orso.
Ufficialmente nell’opporsi alla liberazione di Nino la PAT sostiene che “è inopportuno procedere all’immissione in natura del giovane orso con il rischio che questo, anche a distanza di tempo, a seguito della sua peculiare esperienza con l’uomo possa assumere nel futuro un comportamento problematico“, ma con una relazione pubblicata il 16 giugno gli esperti Alberto Stoffella dell’associazione Rase ed Eileen Zeni del Parco Naturale Adamello Brenta, che si sono occupati della riabilitazione del cucciolo, affermano che Nino (M89) è pronto per essere reintrodotto in natura.
Secondo loro, anche se non si può garantire che in futuro non assuma atteggiamenti “confidenti”, le misure adottate sono state tali da consentire la reintroduzione di Nino in natura senza rischi.

Stoffella inoltre è l’unica persona in Trentino a essersi occupata della reintroduzione in natura di altri due cuccioli di orso: M11 (nel 2011) e M56 (nel 2019), e la sua esperienza dimostra non solo che la liberazione e la reintroduzione sono possibili, ma anche che la captivazione non è assolutamente auspicabile.
Al momento Nino si trova al Belpark, il parco faunistico situato a Spormaggiore, che ospita altre due orse, provenienti da San Romedio, lupi, linci e lontre e che a tutti gli effetti si configura come un Alpenzoo – uno zoo ad alta quota, che come bioparchi e simili si vende con slogan naturalistici ed ecologisti, ma che ha come fine ultimo il profitto.

Non sappiamo se l’intenzione della PAT sia di lasciare Nino a un futuro di prigionia in quello che sembra essere niente di meno di uno zoo o se sarà proprio uno zoo, da qualche parte in Europa ad accogliere Nino dietro i suoi cancelli, come è già accaduto con DJ3 ed M57 entrambi deportati nel silenzio generale in parchi-zoo in Germania e in Ungheria.

PER NINO CHIEDIAMO LA LIBERAZIONE, PERCHÉ È L’UNICO ESITO ACCETTABILE DI QUELLO CHE PER ORA CHIAMIAMO IL SUO SALVATAGGIO, MA CHE RISCHIA DI DIVENTARE LA SUA CONDANNA A UNA PRIGIONIA A VITA.

DISCUTEREMO ANCHE DI QUESTO A TRENTO IL 15 DICEMBRE, MENTRE ATTENDIAMO L’ESITO DELL’UDIENZA DEL TAR. CONTINUATE A SEGUIRCI PER AGGIORNAMENTI.

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