Attacchi di orsi bruni su umani: una prospettiva globale

By stopcasteller

Articolo originale: https://doi.org/10.1038/s41598-019-44341-w

Abstract

La tendenza all’aumento degli attacchi di grandi carnivori agli esseri umani non solo solleva preoccupazioni per la sicurezza umana, ma può anche minare gli sforzi di conservazione dei grandi carnivori. Sebbene rari, anche gli attacchi dell’orso bruno Ursus arctos sono in aumento e, sebbene diversi studi abbiano affrontato questo problema su scala locale, mancano informazioni su scala mondiale. Qui, abbiamo studiato gli attacchi dell’orso bruno (n = 664) sugli esseri umani tra il 2000 e il 2015 nella maggior parte dell’areale abitato dalla specie: Nord America (n = 183), Europa (n = 291) e Oriente (n = 190) . Quando si sono verificati gli attacchi, metà delle persone era impegnata in attività ricreative e lo scenario principale era l’incontro con una femmina con i cuccioli. Gli attacchi sono aumentati in modo significativo nel tempo e sono stati più frequenti quando la densità di orsi era alta e quella umana bassa. Non c’è alcuna differenza significativa nel numero di attacchi tra continenti o tra paesi con diverse pratiche di caccia. Comprendere i modelli globali di attacchi degli orsi può aiutare a ridurre gli incontri pericolosi e, di conseguenza, è fondamentale per informare i responsabili della fauna selvatica e il pubblico sulle misure appropriate per ridurre questo tipo di conflitti nelle aree abitate da orsi.

Gli attacchi di grandi carnivori su esseri umani sono la forma più drammatica di conflitti tra umano e fauna selvatica. Anche se rari rispetto agli attacchi di altre specie selvatiche e domestiche, questi incidenti sono in aumento in molte aree del mondo. Una tale tendenza non solo solleva preoccupazioni per la sicurezza umana, ma mina anche gli sforzi per la conservazione dei grandi carnivori, nonché il ripopolamento di molte di queste specie in tutto il mondo. Infatti, quando si verificano, gli attacchi sugli esseri umani suscitano una notevole attenzione da parte dei media, che può portare le persone a sopravvalutare il rischio di un attacco e, infine, causare reazioni pubbliche negative e movimenti di opposizione alle azioni di conservazione. Inoltre, descrivendo gli eventi con una copertura negativa e dettagli grafici, i media non aiutano a informare correttamente la popolazione su come evitare gli incontri con grandi carnivori e su come comportarsi in caso di incontro, ma piuttosto allarmano inutilmente l’opinione pubblica su un fenomeno in realtà molto raro. Come accennato in studi precedenti, fornendo ai cittadini una descrizione obiettiva degli eventi e informazioni corrette su come evitare scontri, i media hanno il potere di promuovere sia la sicurezza umana che la conservazione dei carnivori. Poiché uno dei modi più importanti per ridurre al minimo questo tipo di scontri è acquisire una comprensione più profonda delle circostanze che innescano attacchi da parte di grandi carnivori, nonché di potenziali fattori associati a tali incidenti, è estremamente importante fornire ai responsabili e al pubblico una conoscenza accurata e obiettiva per ridurne l’incidenza.

La fine della caccia legale e diffusa, le misure di protezione rigorose e le reintroduzioni hanno permesso alle popolazioni di orso bruno (Ursus arctos) di riprendersi ed espandersi in molte aree del Nord America e dell’Europa. Attualmente, si stima che gli orsi bruni superino i 200.000 individui in tutto il mondo, la maggior parte dei quali vive in Russia (circa 100.000), mentre il Nord America e l’Europa ospitano rispettivamente circa 58.000 e 15.400 orsi bruni. Sebbene il numero di orsi stia crescendo a livello globale, diverse piccole sottopopolazioni sono ancora in pericolo e, in molti casi, la loro collocazione in prossimità di aree altamente antropizzate porta a un aumento delle interazioni negative con gli umani.

Sebbene sia noto che gli orsi bruni adattano il loro comportamento per evitare gli umani, non è sempre possibile evitarsi completamente. Gli orsi bruni, infatti, sono noti per essere coinvolti in vari tipi di conflitti con gli esseri umani, che tipicamente includono danni alla proprietà [NDT compresa la predazione di animali non umani da reddito degli allevatori] e, più raramente, attacchi diretti alle persone. Questi conflitti possono essere ancora più gravi nelle aree di recente espansione e reintroduzione, dove gli orsi erano stati precedentemente estinti. Qui le tradizionali pratiche di prevenzione sono andate perdute e le persone non sono più abituate a condividere il territorio con questo grande carnivoro. Allo stesso tempo, la popolazione umana sta crescendo in tutto il mondo, portando a un’espansione delle aree urbane nei confronti degli habitat naturali. Inoltre, nei paesi sviluppati, le persone che vivono nelle città sono sempre più impegnate in attività ricreative all’aperto nei parchi naturali, e possedere seconde case in aree naturali fuori città è diventata una tendenza comune. Tale intensificato sfruttamento delle aree naturali da parte degli esseri umani, in particolare di persone che non sono abituate a convivere con la fauna selvatica, aumenta le probabilità di incontri potenzialmente pericolosi con queste specie, esortando i responsabili della fauna selvatica e gli ambientalisti ad agire.

Tra tutti i grandi predatori terrestri e acquatici, gli attacchi dell’orso bruno sono i più coperti dai media internazionali. Ciò suggerisce che, anche se gli attacchi dell’orso bruno sono meno frequenti di quelli di altri predatori, almeno tra i grandi carnivori nordamericani, questa specie ha il potere di attrarre un’attenzione amplificata dei mass media, con il potenziale di influenzare negativamente l’atteggiamento del pubblico.
Diversi studi hanno indagato gli attacchi su esseri umani da parte di orsi bruni su scala locale, suggerendo un generale aumento del numero di incidenti nel corso degli anni in diverse regioni del mondo. Tuttavia, la maggior parte della letteratura pubblicata sull’argomento è concentrata
in Nord America e Scandinavia e mancano studi su larga scala.

In questo studio abbiamo analizzato i modelli degli attacchi da parte dell’orso bruno su esseri umani che si sono verificati tra il 2000 e il 2015 a livello mondiale, con l’obiettivo principale di migliorare la nostra conoscenza su questo tipo di scontri e, di conseguenza, fornire informazioni utili che potrebbero aiutare a ridurre il verificarsi di incontri negativi tra umano e orso. In particolare, abbiamo voluto: (i) fornire una prima prospettiva su scala globale del fenomeno; (ii) descrivere i modelli temporali e spaziali di questi incidenti; (iii) descrivere le principali circostanze di attacco, evidenziando le caratteristiche comuni e le peculiarità locali negli scenari di attacco, confrontando aree geografiche con diverse storie di convivenza umana con questa specie (es. America ed Europa); e (iv) esplorare anche l’effetto di vari fattori sul numero di attacchi, come la densità umana e degli orsi, nonché le differenze nella posizione geografica e nelle pratiche di gestione. A questo proposito abbiamo inizialmente ipotizzato che: (a) un numero maggiore di attacchi si verifica in quei paesi/giurisdizioni in cui sia la densità di orsi che quella umana sono più alte, per la conseguente maggiore probabilità di incontro; e (b) si sono verificati meno attacchi in quei paesi dove gli orsi sono cacciati legalmente, a causa della potenziale rimozione di individui più audaci.

Risultati

Schemi spazio-temporali degli attacchi

La nostra ricerca ha riportato un totale di 664 attacchi tra il 2000 e 2015 nei tre principali blocchi geografici dove si distribuiscono gli orsi bruni: Occidente (ovvero e da qui in poi Nord America, n = 183), Centro (ovvero e da qui in poi Europa, n = 291), e Oriente (ovvero Russia, Iran e Turchia, da qui in poi Oriente, n = 190), per i quali erano disponibili almeno informazioni relative all’anno (Fig. 1 e Tabella 1). Abbiamo anche registrato altri 61 casi di attacchi a partire dalla letteratura pubblicata (4 casi in Albania, 11 in Bosnia e Erzegovina, 9 in Macedonia, 2 in Nepal e 35 in Giappone), che non abbiamo incluso nelle analisi a causa della mancanza di informazioni sufficienti. Abbiamo registrato un tasso di attacco di 39,6 attacchi/anno a livello globale: 11,4 attacchi/anno nel Nord America e 18,2 attacchi/anno in Europa (10 attacchi/anno, se escludiamo la Romania). Il valore registrato di 19 attacchi/anno in Oriente rappresenta probabilmente una sottostima, a causa della mancanza di informazioni per diverse regioni del continente. La maggior parte degli attacchi, 85,7% (n = 568), ha provocato lesioni umane e il 14,3% (n = 95) si è conclusa con il morte della persona coinvolta. Nello specifico, in Europa si sono verificati 19 decessi (il 6,6% degli scontri registrati in Europa), 24 in Nord America (13,1% del totale attacchi in Nord America) e 52 in Oriente (32,0% del totale attacchi in Oriente). In Europa, la maggior parte degli attacchi si è verificata in Romania (n = 131), seguita da Slovacchia (n = 54), Svezia (n = 28), e Finlandia (n = 17). In Nord America, la maggior parte degli attacchi è avvenuta in Alaska (n = 51), British Columbia (n = 42), Wyoming (n = 29), Montana (n = 25) e Alberta (n = 18). In Oriente abbiamo registrato 111 attacchi in Russia, 25 in Iran e 54 in Turchia (Fig. 1 e Tabella 1). Il numero di attacchi è aumentato in tutto il mondo nel corso degli anni (Fig. 2; Tabelle supplementari S1 e S2; Fig. supplementare S1), con la maggior parte degli attacchi che si verificano in estate (48%; Fig. supplementare S2a) e di giorno (73%; Fig. supplementare S2b).

Fig. 1
Tabella 1
Figura 2

Principali circostanze degli attacchi

Le persone attaccate sono state quasi esclusivamente adulte (99%; Fig. supplementare S3a) e uomini (88%; Fig. S3b supplementare). Nel 63% dei casi, la persona era sola al momento dell’attacco (Fig. complementare S3c). Quando si è verificato l’attacco, il 50% (n = 279) delle persone era coinvolto in attività ricreative, come l’escursionismo (n = 88), la raccolta di bacche, funghi o corna (n = 64), il campeggio (n = 31), la pesca (n = 18) o il jogging (n = 17). Per quanto riguarda le altre attività, il 28% (n=158) delle persone aggredite lavorava all’aperto, ad esempio nei campi, con il bestiame o in attività di disboscamento (n = 104) o ancora attività sul campo legate alla fauna selvatica (n = 12), e il 22% (n = 123) era a caccia (Fig. 3a). Gli attacchi avvenuti durante la caccia all’orso (n = 27) erano concentrati in alcuni paesi/stati (Svezia, Finlandia, Alaska e Russia). In Europa, questo tipo di attacco era presente solo in Scandinavia (n = 16), dove gli orsi sono spesso cacciati con cani da caccia. Non si sono verificati attacchi nei paesi europei in cui gli orsi vengono cacciati utilizzando un’esca. Gli attacchi avvenuti mentre l’umano lavorava all’aperto sono stati più frequenti in Europa (n = 94, di cui 64 in Romania) che nel resto dell’areale dell’orso bruno incluso nel nostro studio.

Fig. 3

Lo scenario più comune di attacco di un orso bruno è stato l’incontro con una femmina con cuccioli (47%, n = 137; Fig. 4), seguito da incontri improvvisi (20%, n = 59), presenza di cani (17%, n = 48), orso che attacca dopo essere stato colpito o intrappolato (10%, n = 30) e attacchi predatori (5%; n = 9 in Russia e n = 6 in Nord America) (Fig. 3b). Tuttavia, a volte lo scenario era più complesso, perché un attacco avrebbe potuto essere innescato da più di un fattore. Ad esempio, in sette casi, l’attacco è stato causato dall’interazione di una femmina con i cuccioli e un cane.


Correlati degli attacchi.

Abbiamo esplorato i modelli spazio-temporali generali degli attacchi degli orsi e abbiamo scoperto che i seguenti quattro [sic] fattori erano i più importanti per spiegare il numero di attacchi: (a) anno dell’attacco, (b) densità degli orsi e (c) densità della popolazione umana (tabelle supplementari S1 e S2). In tale analisi, la parte orientale della distribuzione dell’orso è stata esclusa, data l’eterogeneità spaziale dei dati, in quanto siamo stati in grado di raccogliere solo attacchi in Iran, Turchia e alcune aree russe. L’importanza di queste tre variabili è stata confermata anche dai loro p-value (p sempre ≤0,01) e gli intervalli di confidenza (Tabella supplementare S2). In particolare, abbiamo osservato: (1) un aumento significativo del numero di attacchi nel corso degli anni; (2) una maggiore densità di orsi era associata a un maggior numero di attacchi registrati; mentre (3) gli attacchi erano correlati negativamente con la densità della popolazione umana. La densità degli orsi spiega la quota maggiore di varianza (Tabella supplementare S2). Non abbiamo riscontrato differenze significative nel numero di attacchi tra continenti o tra paesi con pratiche di gestione diverse.

Discussione

Questa prima panoramica su larga scala degli attacchi dell’orso bruno sugli esseri umani ha evidenziato diversi elementi che possono servire come quadro generale per questa situazione a livello mondiale. I nostri risultati mostrano un aumento globale del numero di attacchi negli ultimi decenni, che è probabilmente il risultato di diversi fattori, come la crescita delle popolazioni di orsi e umani in tutto il mondo, che ha portato a una maggiore sovrapposizione di habitat. Inoltre, un numero crescente di persone è coinvolto in attività ricreative nelle aree degli orsi, il che probabilmente aumenta la probabilità di incontri. Schemi stagionali e circadiani sono simili tra i continenti. L’Europa ha avuto un numero di attacchi leggermente superiore durante l’inverno rispetto a Nord America e Oriente, e questo potrebbe essere dovuto al fatto che il letargo è solitamente più breve in Europa e, quindi, gli orsi bruni sono più attivi in Europa durante questa stagione che negli altri continenti. Il picco di attacchi durante l’estate
e durante il giorno è probabilmente dovuto al fatto che gli esseri umani si dedicano principalmente ad attività ricreative o lavorano all’aperto negli habitat degli orsi durante questa stagione e sono generalmente più attivi durante il giorno. Questi modelli sono in linea con precedenti studi sugli attacchi di orsi bruni sia in Nord America che in Scandinavia. La maggior parte delle persone erano impegnate in attività ricreative al momento dell’attacco. Ciò suggerisce che gli attacchi si verificano principalmente quando le persone visitano le aree degli orsi per scopi ricreativi, il che è particolarmente vero in Nord America, dove solo pochi attacchi sono avvenuti su persone che lavorano all’aria aperta.

Il fatto che le persone aggredite fossero quasi esclusivamente persone adulte è in linea con le principali attività umane e gli scenari d’attacco più comuni. Infatti, quando vengono attaccati da grandi carnivori, i bambini sono solitamente coinvolti in attacchi predatori, che sono generalmente molto rari per gli orsi bruni. Il fatto che lo scenario più diffuso, sia in Nord America sia in Europa, è l’incontro con una femmina con cuccioli concorda con ciò che è stato trovato in studi precedenti su scale più piccole, e suggerisce che è più probabile che questa classe di orsi risponda in modo aggressivo agli incontri con gli umani e, quindi, che richiede maggiore attenzione e campagne di informazione pubblica. Inoltre, è più probabile che le femmine con cuccioli, così come i subadulti, utilizzino aree vicine alle attività umane per evitare orsi maschi e predatori o cercare cibo antropogenico, e questo potrebbe renderli più suscettibili a incontri accidentali con persone. In questo senso, ove possibile, restrizioni temporali all’accesso del pubblico alle aree in cui si trovano comunemente le femmine con i cuccioli potrebbe essere cruciale per evitare disturbo antropico alle femmine di orso bruno e i pericolosi incontri che ne risultano. Altri scenari frequenti (incontri improvvisi, presenza di cani, orso ferito) sono principalmente il risultato di comportamenti umani inappropriati e che aumentano il rischio (ad esempio muoversi da soli e rimanere in silenzio nelle zone dell’orso, portare a spasso un cane senza guinzaglio o inseguire un orso ferito durante la caccia) e potrebbero essere ridotti migliorando l’educazione pubblica e la sensibilizzazione al problema.
Ad esempio, quando si è nel paese degli orsi, annunciare la propria presenza può aiutare a evitare incontri improvvisi e i cani senza guinzaglio dovrebbero essere fortemente evitati. In Alaska, si è trovato che i cani aiutano a terminare gli attacchi in quasi la metà dei casi; tuttavia, in altri casi sia durante le attività del tempo libero sia durante la caccia, sono stati i cani a iniziare l’attacco. Pertanto, tenere i cani al guinzaglio durante le attività ricreative all’aperto potrebbe ridurre il verificarsi di tali incidenti, mentre i cani stessi potrebbero comunque aiutare a scoraggiare l’attacco, nel caso avvenga. Ulteriori misure preventive come una corretta gestione dei rifiuti, la messa in sicurezza dei contenitori di rifiuti e cibo sia nelle aree sviluppate che in quelle naturali frequentate dai turisti possono aiutare a impedire l’avvicinamento degli orsi a persone e i conflitti che ne derivano.

Il profilo principale degli esseri umani coinvolti e dei principali scenari concordano con quanto evidenziato negli studi precedenti. In Alaska, ad esempio, Smith e Herrero hanno scoperto che la maggior parte delle persone coinvolta in attacchi da parte di orsi erano maschi adulti (83%), che si occupavano principalmente di escursionismo e caccia. Gli autori hanno anche scoperto che le interazioni erano solitamente avviate dagli esseri umani, ad esempio persone che sorprendevano gli orsi, li ferivano durante la caccia o li disturbava mentre difendevano una carcassa. Nello stesso studio è stato osservato anche che gli individui non accompagnati sono più vulnerabili agli attacchi rispetto alle persone in gruppo, il che è in linea con i nostri risultati, così come i risultati per altre specie di orsi in Nord America. La ragione di ciò è probabilmente correlata al fatto che i gruppi più grandi sono più facilmente individuabili e, di conseguenza, evitati dagli orsi, perché i gruppi tendono a fare più rumore di una persona sola. Inoltre, quando si verifica effettivamente un incontro, è più probabile che gli orsi fuggano piuttosto che attaccare se vengono affrontati da un gruppo di persone. Le precauzioni di base sopra menzionate, così come altre, sono fondamentali per ridurre l’occorrenza di incontri pericolosi e dovrebbero essere messe costantemente a disposizione delle persone che entrano nelle aree degli orsi. Ad esempio, in alcune regioni del Nord America, all’ingresso dei sentieri sono posti dei pannelli di avvertimento, sui quali sono fornite misure di sicurezza basilari. Inoltre, i visitatori dei parchi nazionali ricevono una presentazione obbligatoria e istruzioni di sicurezza su come comportarsi nelle aree degli orsi. In Russia, il paese che ospita il maggior numero di orsi bruni e ha il più alto numero registrato di attacchi agli esseri umani, sono stati sviluppati, pubblicati e distribuiti in grandi quantità manuali specializzati, così da minimizzare i conflitti con gli orsi. Lo spray anti-orso è comunemente usato in Nord America come misura di sicurezza personale da parte di persone che si dedicano ad attività ricreative e lavorano nelle
aree degli orsi, e la sua efficacia in dissuadere gli orsi che attaccano è stata dimostrata. Questo deterrente non letale è stato utilizzato con successo anche in Slovacchia (R. Rigg, dati non pubblicati), ma è attualmente illegale in molti altri paesi europei. Queste prove evidenziano che c’è la necessità di ulteriori indagini sulla sua efficacia e sulla potenziale implementazione in altri paesi con un numero crescente di orsi.

Sebbene non abbiamo trovato alcuna differenza nel numero di attacchi tra i vari continenti, c’è una notevole differenza nel numero di attacchi tra i diversi paesi europei. La Romania rappresenta infatti quasi la metà (45%) di tutti gli attacchi registrati in Europa. La Romania ospita il maggior numero di orsi in Europa e le tradizionali attività di agricoltura di semi-sussistenza e di allevamento del bestiame sono ancora comuni nei Carpazi. In particolare, pecore e capre, che sono il bestiame più vulnerabile alla predazione, sono gli animali [da reddito] più comuni e aumentano di anno in anno. Questo potrebbe spiegare il fatto che il 50% degli attacchi di orsi in Romania per i quali informazioni dettagliate sono disponibili (n = 109) riguardavano pastori, agricoltori o allevatori di bestiame. È interessante notare che in almeno otto casi la persona è stata aggredita mentre inseguiva o molestava direttamente l’orso dopo che aveva attaccato bestiame o raccolti. Suggeriamo quindi che le campagne educative su come evitare o reagire agli incontri ravvicinati con gli orsi bruni e il miglioramento delle misure di protezione del bestiame debbano mirare in particolare ai pastori, gli agricoltori e gli allevatori rumeni. Questo scenario differisce notevolmente dai modelli generali osservati in altri paesi dove gli attacchi si sono verificati principalmente durante attività ricreative. Queste differenze nei modelli di attacco suggerisce che l’occorrenza degli attacchi potrebbe anche dipendere in gran parte dai contesti socioculturali locali e dai comportamenti umani.

Precedenti studi sull’analisi degli attacchi da parte dell’orso bruno su scala locale hanno mostrato una correlazione tra il numero di attacchi e la crescita della popolazione umana su scala nazionale o continentale. Questi studi suggeriscono che più persone vivono e lavorano nelle aree dell’orso, maggiore è la probabilità di un incontro con questa specie. Un altro studio ha trovato una relazione tra il numero di attacchi ai cacciatori e il numero di orsi cacciati per stagione in Scandinavia, ma non c’era una chiara relazione tra il numero di attacchi a persone coinvolte in attività all’aperto diverse dalla caccia e la dimensione della popolazione di orsi bruni. Tuttavia, su scala globale, gli attacchi sono stati più frequenti in quei paesi/giurisdizioni in cui la densità umana è inferiore e quella degli orsi è maggiore. Poiché la densità umana è una misura del grado di invasione umana nell’area d’azione dell’orso, i nostri risultati suggeriscono che gli attacchi sono meno frequenti dove gli sviluppi e le attività umane si estendono maggiormente nelle aree degli orsi e più frequenti nei paesi in cui le attività ricreative nelle aree degli orsi sono più comuni. Questo risultato potrebbe anche suggerire che gli orsi e le persone hanno imparato a convivere meglio in regioni altamente antropizzate, mentre le persone più a rischio di attacco sono visitatori di aree ad alta densità di orso, dove gli orsi sono meno abituati a incontrare persone, a causa della minore densità umana e, di conseguenza, orsi e persone potrebbero essere meno abituati a evitarsi a vicenda. Inoltre, non vi era alcuna differenza significativa nel numero di attacchi tra i paesi “cacciatori” e “non cacciatori”, il che non supporta la nostra ipotesi iniziale secondo cui si sono verificati meno attacchi nei paesi in cui gli orsi sono cacciati legalmente.

Per concludere, gli incontri negativi con gli orsi bruni sono estremamente rari e per lo più non fatali. Tuttavia, per aumentare la sicurezza sia dell’uomo che dell’orso e promuovere la convivenza, è fondamentale acquisire una comprensione più profonda e promuovere la conoscenza pubblica delle circostanze più rischiose che possono scatenare una risposta aggressiva da parte degli orsi bruni. A tal fine, occorre stabilire una forte connessione e collaborazione tra ricercatori, i responsabili e gli strumenti educativi come i mass media e le scuole, per promuovere presso il vasto pubblico informazioni corrette e scientificamente fondate sull’orso. Questo primo approccio su scala mondiale ha dimostrato che, sebbene esistano modelli di attacco simili nell’areale di distribuzione degli orsi bruni, specifici contesti locali potrebbero rivelarsi cruciali per spiegare numeri di scontri particolarmente alti o bassi. Riteniamo quindi che, sebbene sia importante avere un quadro globale, ulteriori studi su scala locale, soprattutto in quei paesi in cui le informazioni sono ancora scarse, aiuteranno a identificare ulteriori fattori legati a situazioni locali che forniranno ai gestori della fauna selvatica informazioni specifiche su come affrontare efficacemente questo problema.