QT – Il disastro voluto
Come si è arrivati a far deragliare un progetto naturalistico. E a lucrarci politicamente.
Articolo originale su http://www.questotrentino.it/articolo/16754/il_disastro_voluto
“Da Ministro, indicando anche precisi finanziamenti, proposi alla Provincia di Trento di fare una radiocollarizzazione di tutti gli orsi con il supporto di Ispra che è l’organo scientifico riconosciuto a livello nazionale… In questo modo, attraverso il monitoraggio, si sarebbe potuto sapere in semi – tempo reale dove gravitavano gli animali. Queste informazioni si sarebbero poi potute diramare a livello comunale, nei bar, al ristorante, negli alberghi ai turisti, come si fa con il bollettino per la neve, per far conoscere sempre dove è il caso di andare e dove è il caso, invece, di evitare” dice l’ex ministro all’Ambiente Sergio Costa in un’intervista a Il Dolomiti.
E così prosegue: “Poi mi ero messo a disposizione per finanziare anche un diverso modo di gestione dei rifiuti per evitare la confidenza dell’animale selvatico nelle zone abitate.”
Il Trentino ha detto no a questo piano? – chiede l’intervistatore.
“Esattamente, la risposta è stata no”.
Pensiamo basti questa autorevole testimonianza per provare un punto basilare: rinunciare a strumenti essenziali come cassonetti anti-orso e radiocollari significa andare volutamente e cinicmente verso l’incidente grave. La radiocollarizzazione di “tutti” gli orsi proposta con entusiasmo dal ministro sarebbe stata difficilmente praticabile e forse neppure opportuna, ma il sostanziale abbandono di questa pratica era l’ultima scelta da fare. E invece è stata fatta e così JJ4, un’orsa sicuramente da monitorare (la stessa ISPRA lo ha raccomandato) si spostava in prossimità di aree popolate con il radiocollare scarico. L’assurdo rifiuto della Giunta Fugatti di adottare – gratis – questi ed altri strumenti di prevenzione non poteva non avere uno scopo preciso: programmare il nemico, l’orso cattivo, contro cui far crescere l’odio, e su esso speculare politicamente. Gli immigrati non spaventano più? Pronto un altro babau, l’orso assassino.
Il fallimento di Life Ursus ?
Il progetto Life Ursus, volto a ristabilire la presenza dell’orso bruno in Trentino, non può essere considerato un progetto fallimentare. E infatti a livello internazionale esso è elencato come uno dei progetti di reintroduzione di maggiore successo. Così non fosse, non si sarebbe raggiunto in pochi anni, e poi anche superato, l’obiettivo principale, ossia la presenza del numero minimo di orsi per garantire la popolazione minima vitale nell’area prevista dal programma, numero individuato in 50-60 esemplari.
Ad essere fallimentare è invece stata la gestione parallela a quella più prettamente tecnica di inserimento e monitoraggio degli orsi stessi e peraltro prevista nei piani di reintroduzione. Agli estensori del progetto era infatti perfettamente chiaro che, in un’area in cui gli orsi erano stati sostanzialmente sterminati ed in cui da alcune generazioni si era persa ogni familiarità con quest’animale, vi sarebbero stati numerosi passaggi aggiuntivi da compiere. Passaggi in parte costosi, a volte impopolari, da ripetere con costanza anno dopo anno, ma indispensabili. Detto in parole povere, era impensabile liberare un po’ di orsi nelle aree più idonee del Trentino occidentale e poi stare a guardare quello che sarebbe successo. I temi principali su cui intervenire riguardavano l’ampio spettro della formazione, intesa come un qualcosa da rivolgere non al limitato numero degli operatori sul campo, ma al ben più ampio numero di persone potenzialmente interessate (operatori turistici, gestori di rifugi e malghe, guide, albergatori, ecc.) e dell’altrettanto importante campo dell’informazione, anche in questo caso il più possibile estesa, sia agli abitanti delle valli, sia ai non residenti presenti (lavoratori e soprattutto turisti).
Per entrambe le azioni si dovevano pianificare azioni non spot, ma ripetute con continuità nel tempo. Ciò non è avvenuto e la riprova sta nei bilanci consuntivi legati alla gestione dell’orso, dove le uniche cifre di un certo peso riguardano i rimborsi per gli acquisti di recinzioni elettriche (per allevatori e apicoltori) o quelli per i danni alle arnie e l’uccisione del bestiame. Spese necessarie, certo, ma nulla in confronto a quelle che si sarebbero dovuto mettere in campo.
Le cose non fatte
Riprendiamo ad esempio la questione, cui si è riferito l’ex Ministro Costa, dei cassonetti dei rifiuti anti-orso, la cui installazione era considerata importantissima: gli orsi, come peraltro tutti i selvatici, imparano presto a individuare i posti dove è facile procacciarsi il cibo, e una volta acquisita l’abitudine è problematico fargliela perdere. La sostituzione dei normali cassonetti è avvenuta in pochissimi luoghi e da pochissimo tempo. Un errore gravissimo: agendo così il numero degli orsi definiti “confidenti” aumenta, la paura degli abitanti pure, il passaggio da orso “confidente” a orso “problematico” prima e “pericoloso” poi, diventa facile. .
E invece Fugatti ha rifiutato l’assistenza e la fornitura dei cassonetti anti-orso, come pure dei radiocollari: al momento dell’incidente sembra che fossero non più di quattro (forse addirittura solo due!), su oltre cento orsi presenti in Trentino, quelli radiocollarati. Una scelta scellerata.
Solo in apparenza meno grave poi la scelta di tollerare che la presenza dell’orso, utilizzata per attirare turisti vendendo l’immagine di un Trentino dalla natura incontaminata, generasse comportamenti non adeguati. Che avrebbero dovuto essere sanzionati, come pure avrebbero dovuto essere, a volte, introdotte delle limitazioni. Invece negli anni video e fotografie sui social, oltre a ripetute segnalazioni, dimostrano che, pur di soddisfare la voglia dei turisti (e non solo di quelli) di vedere e fotografare l’orso, lo si attirava volutamente lasciando del cibo. Non ci risulta che mai siano stati presi provvedimenti o applicate sanzioni. Come non siamo a conoscenza di delibere del tipo “Nella tal zona, nel tale periodo è fatto divieto di ……”. La stessa cartellonistica PAT, installata peraltro solo in alcune delle aree con presenza di orsi, sembra fatta per non dare troppo nell’occhio, con le minuscole tabelle e con alcuni “consigli” comportamentali. Insomma, vediamo di non spaventare i turisti.
L’accettazione sociale del progetto doveva essere considerata essenziale per il suo successo. Come si sa, le soluzioni calate dall’alto e imposte a un territorio senza il coinvolgimento della popolazione residente hanno poche possibilità di riuscita. Nel caso di Life Ursus e della successiva fase di gestione del progetto si è scelta invece l’inazione o l’azione di facciata, tanto per dare qualche segno. Siamo così passati da una forte maggioranza di trentini favorevoli a un rovesciamento della situazione.
Disinteresse e sabotaggio
Fin dall’inizio il governatore Lorenzo Dellai aveva mostrato uno scarso livello di accettazione, quando non di insofferenza, nei confronti di Life Ursus. Con Ugo Rossi la situazione era peggiorata, per poi precipitare totalmente con Fugatti. Con lui e con la sua fedele esecutrice, l’assessora Zanotelli, si sono rapidamente chiusi i canali di comunicazione con le associazioni ambientaliste, ossia con coloro che, inascoltate cassandre, andavano da anni criticando le varie amministrazioni per i sopraddetti errori di gestione. Errori che tra l’altro si stanno ora ripetendo con l’arrivo dei lupi, un ritorno “naturale”, ma che non per questo non richiederebbe azioni analoghe.
Ma Fugatti e i suoi hanno la connaturata tendenza a confondere il termine gestione con “eliminazione” (vedi QT – aprile 2022) e soprattutto aborrono l’idea del confronto. Con un colpo di spugna (e una modifica alla relativa legge nr. 24 del 1991) si è dapprima abolito il Comitato Faunistico e a seguire si è reso non-operativo (evitando di convocarlo) il Tavolo di Confronto sui grandi carnivori: peccato che proprio a quel tavolo si fosse avviato l’esame di un progetto, proposto e finanziato a livello europeo, dal titolo: “Supporto a progetti locali per la coesistenza tra la popolazione e i grandi carnivori”, avente come principale obiettivo appunto quello di mitigare le situazioni di potenziale conflitto (vedi QT – giugno 20219 e gennaio 2020).
Proprio perché ritenuto particolarmente adatto e utile per la situazione che si era creata in Trentino, le associazioni ambientaliste si erano spese per la sua adozione. L’assessora Zanotelli ha optato per la chiusura, anzitutto del progetto, e poi anche del tavolo di confronto.
Per chiudere il cerchio, infine, si è fatta scomparire dagli schermi la presentazione al pubblico, presso il MUSE, del rapporto annuale sulla situazione dei grandi carnivori in Trentino.
Con queste premesse potevamo aspettarci qualcosa di diverso da parte da chi ci governa, dopo il terribile mortale incidente avvenuto recentemente, se non una reazione che oscilla tra l’infantilismo e l’isterismo? Potevamo illuderci che si desse finalmente priorità a scelte basate su dati e pareri scientifci ? Anche la SAT ha finalmente riconosciuto che in termini di buone pratiche (soprattutto informazione e formazione ) si sono persi vent’anni. Di certo negli ultimi cinque si è buttato alle ortiche anche quel poco di buono che era stato fatto prima. E questo proprio in una fase in cui era semmai necessario fare molto di più. Pretendere, come fanno Fugatti e Zanotelli, che le responsabilità siano di altri è davvero meschino. O forse è un calcolo su ipotizzabili tornaconti elettorali.