Report dall’incontro “convivenze selvatiche”
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Dal primo presidio che abbiamo organizzato lo scorso 17 marzo per rilanciare la campagna Stop Casteller è una delle frasi che ripetiamo più spesso, come collettiva SCOBI e Assemblea Antispecista: la formazione e i momenti divulgativi sono essenziali per essere preparate ed affrontare la discussione sulla convivenza tra specie in Trentino in maniera non superficiale, al riparo da slogan propagandistici e semplificazioni. È per questo che abbiamo deciso di curare l’organizzazione della conferenza “Convivenze Selvatiche”, una giornata informativa in attesa del pronunciamento del Consiglio di Stato il prossimo 13 luglio sul destino degli orsi Gaia-JJ4 e Johnny-MJ5. .
Ci siamo date appuntamento sabato 24 giugno alle 14 in aula Kessler, presso la facoltà di Sociologia a Trento, uno spazio universitario ma accessibile a tutta la cittadinanza, per pensare a un modello di relazione con il non-umano che tuteli tutte le soggettività che abitano e vivono la montagna e riflettere sulla malagestione della PAT. In questo siamo state accompagnate da 4 persone preparate ed esperte, che conoscono il mondo naturale del nostro territorio, il comportamento animale e le doverose misure di precauzione che dovrebbero essere applicate per difendere entrambi.
Questa tavola rotonda di riflessioni non sarebbe potuta iniziare senza il contributo del dottor Gabriele Bertacchini, naturalista, che ha sottolineato l’importanza del concetto di relazione in natura: tutta la vita si è costituita sulla base di relazioni, generando una rete che si sostiene auto-governandosi e auto-corregendosi. Per quanto sia normale che le relazioni generino anche conflitto, oltre che dialogo, non dobbiamo dimenticare però che il sistema complesso in cui è immersa la specie umana è a-gerarchico. Gli essere umani si sono auto-eletti giudici onnipotenti per difendere i propri interessi, che vengono perseguiti annullando i processi naturali e creativi di chi ci sta accanto – il tutto rifuggendo poi le proprie responsabilità, incolpando gli animali non umani perché “si trovano nel posto sbagliato al momento sbagliato”. Questi ragionamenti di tipo filosofico-antropologico-sociologico ci forniscono una lettura chiara della “questioni orsi” in Trentino. La cultura del distacco, che prosegue dalla visione dell’essere umano come giudice discernitore, che non conosce la paura del limite e del rischio naturale, ha fatto sì che si sedimentasse la visione secondo cui un orso è da considerarsi problematico, o di troppo, perché ha agito secondo i propri schemi naturali all’interno dello spazio che abita – tanto da arrivare al punto di portare un’orsa in tribunale. Il dottor Bertacchini ha concluso con un augurio: che gli orsi e gli altri animali selvatici del territorio ci aiutino invece a ristabilire la cultura del limite che abbiamo perduto come società moderna e capitalista, sviluppando riverenza – e non timore reverenziale – nei loro confronti.
E su queste note ha proseguito la dottoressa Anna Sustersic, divulgatrice scientifica, spostando però il focus della discussione sul tema della comunicazione, di cui si occupa da anni. Le scelte comunicative hanno un ruolo chiave proprio perché la cittadinanza è inesperiente ed inesperta: dato che non sappiamo più cosa possa voler dire esistere in natura, serve comunicare senza ricorrere alle semplificazioni, per trasmettere la complessità e veicolare il concetto di relazione. Questa la filiera strutturata che, secondo Sustersic, dovrebbe essere adottata dall’ente pubblico per comunicare in merito all’attraversamento da parte degli esseri umani delle zone abitate da orsi: in prima battuta, chi si occupa di comunicazione deve recepire le direttive dei tecnici, cioè coloro che lavorano a contatto con gli animali selvatici e ne conoscono il comportamento, solo così si può avere la certezza della correttezza delle informazioni. Successivamente, queste figure possono declinare tali informazioni in senso quotidiano, immaginando, insieme alla cittadinanza, le strategie più valide e avendo cura di pensare nell’ottica del compromesso – dando cioè dignità a tutte le posizioni in campo. Le associazioni, infine, dovrebbero massimizzare l’efficienza delle scelte comunicative, risaltando la serietà e l’autorità delle istituzioni. Errare senz’altro humanum est, ma sono state queste parole a sottolineare l’inefficienza della PAT, che ha troppo spesso fatto ricorso all’ideologia per parlare degli orsi, adottando la strategia del silenzio e della non-comunicazione, e non curandosi di costruire sistemi comunicativi accessibili e chiari che potessero incoraggiare la coesistenza umano-animali.
Dell’impreparatezza della cittadinanza a gestire le situazioni di “tu-per-tu” con gli animali selvatici, che deriva ovviamente dalle inadempienze della PAT, ci ha continuato a parlare il dottor Alessandro De Guelmi, veterinario in pensione. Dalla cancellazione della prassi annuale di campionamento genetico degli orsi, al problema dei radiocollari che non sono attivi e non ne permettono il monitoraggio, passando per la mancanza di bidoni anti-orso e la pochezza di attenzione e risorse destinate alla ricerca: tutto ciò non permette di gestire la fauna trentina con trasparenza e serietà. La tanto millantata prevenzione, di cui la Provincia ha parlato spesso, è inesistente. Vi è un abisso che separa l’altissimo livello professionale delle figure tecniche, che conoscono approfonditamente la natura e gli animali non-umani del territorio trentino e il potere politico: in mezzo si colloca la Provincia, che ha decisamente dimostrato di avere più a cuore il secondo elemento, con risvolti sociali preoccupanti. La preoccupazione di De Guelmi, che condividiamo, è che la paura isterica di oggi possa portare a una mattanza di orse e orsi domani.
Il dottor Francesco De Giorgio, etologo antispecista, ha concluso la conferenza con un intervento che ha sottolineato quello che, esistenzialmente e politicamente, è la chiave di volta. Essa permetterebbe una giusta coesistenza umano-animale, e non possiamo che essere d’accordo con lui e ribadirlo: un salto di paradigma, che porti alla creazione di un sistema antispecista in cui le caratteristiche e i comportamenti animali – compresa l’aggressività – possano fluire. Il concetto di natura, infatti, implica imperfezione e logica animale; gli orsi problematici non esistono, perché è il sistema specista entro cui la Provincia sceglie di collocarli e valutarli ad essere problematico. Gli animali che attraversano lo spazio naturale e sono costretti a interfacciarsi con gli schemi imposti dall’uomo sono soggettività a pieno diritto, titolari della propria vita e delle proprie rivendicazioni. Come De Giorgio, crediamo sia l’essere umano a doversi sentire meno a casa ma più cognitivo nel relazionarsi con le soggettività della natura. Questo è il presupposto essenziale del framework attraverso cui scegliamo attivamente di agire nel mondo che abitiamo: siamo antispeciste e militiamo per la liberazione di tutt*.