Interventi 23 aprile

By stopcasteller

Siamo qui oggi davanti a questa prigione per gli animali selvatici che hanno avuto l’ardire di sfidare l’umano nei suo confini e nelle sue sicurezze e che hanno il coraggio di ricordargli che non è l’assoluto padrone del mondo.

Questa prigione voluta da Ispra nasce con l’idea, sulla carta, di essere un ricovero per gli orsi in difficoltà ma fin da subito si rivela solo un centro di detenzione destinato a quegli orsi definiti “problematici”.

La prima a inaugurarlo è proprio la mamma di Gaia, Jurka, colpevole di aver compiuto alcune predazioni a danni di pollai e apiari, e di essere diventata “confidente” anche grazie a chi per vari interessi le procurava del cibo.

Venne rinchiusa qui nel 2008, dopo essersi fatta nel frattempo 10 mesi nell’orribile buca degli orsi del santuario di San Romedio, per essere poi trasferita nel 2010 in Germania in un parco dove ancora vive in cattività.

L’idea di orso problematico ci riguarda da vicino, perché la definizione di problematico è in realtà molto ampia e abbraccia anche la nostra specie.

Problematico è chi non accetta di obbedire alle regole di chi vorrebbe avere il monopolio della forza su corpi e territori, di chi da questi vuole solo estrarre un plus-valore utile a mantenere ed allargare il proprio dominio.

Problematico è chi varca i confini senza avere i permessi necessari.

Le leggi internazionali permettono al neocolonialismo delle multinazionali di sfruttare nuove possibilità di profitto ovunque e ai turisti occidentali di andare dove più vogliono, ma non permettono a chi vorrebbe venire qui nel cosiddetto “Primo Mondo” per cercare una vita migliore.

Problematico è quindi in estrema sintesi per noi occidentali chi non è maschio, bianco, cis, cristiano, etero, abile, sano, adulto, umano, proprietario e carnivoro.

Soprattutto chi, poi, anche se diverso da tutto ciò, non interiorizza la concezione di essere qualcosa di inferiore a questo standard di riferimento.

In questo caso siamo qui per un’orsa che ha osato non scappare alla vista di un umano e preoccupata per i propri cuccioli ha agito per difenderli da una possibile minaccia.

Come collettivi della campagna #StopCasteller, siamo stati profondamente scossi dall’evento perché per noi la morte violenta di qualcuno – che sia umano o non umano – è sempre qualcosa di disturbante e non vediamo come non possa esserlo.

Riconosciamo però benissimo le responsabilità di una politica che vede gli orsi ormai come un problema e non affronta una seria gestione non antropocentrica degli stessi.

Sempre lo stesso tipo di politica che ancora oggi causa la morte di migliaia di persone lungo le rotte della migrazione cosiddetta clandestina e che non riesce a affrontare la questione in maniera non eurocentrica e colonialista.

Come sempre poi questi politicanti sono pronti a indignarsi all’indomani dell’ennesimo incidente nei boschi o nei mari o lungo le rotte migratorie proponendoci sempre gli stessi slogan, triti e ritriti, cercando sempre di addossare le responsabilità ad altri, che siano i cosiddetti animalisti o gli umanisti delle Ong.

In Trentino i governi che si sono succeduti nell’amministrazione della Provincia Autonoma, dopo che con Dellai nel 2004 la gestione degli orsi è passata dal Parco Nazionale Adamello Brenta alla Provincia, non hanno attuato nessuna politica di convivenza e di coesistenza.

Con Dellai si inaugurò la stagione repressiva di questi cosiddetti individui problematici, Gaia è in ordine di tempo l’ultima a subirla, colpevole paradossalmente di avere difeso la sua prole.

Quella stessa prole che era l’obiettivo esplicito del progetto Life Ursus, per ottenere il ripopolamento degli orsi, e che adesso la stessa Pat vorrebbe ridurre ad un numero tale, da rischiare nuovamente l’estinzione, come se già non bastasse il problema della consanguineità.

Concludo dicendo che dovremmo iniziare a non immaginare più una “Natura” o un “Selvatico” che sia separato da noi, come un entità monolitica che non ci appartiene, da cui a seconda delle versioni, ci dovremmo o difendere o a cui sottometterci.

Dobbiamo far sì di andare oltre quelle stesse immagini della natura tanto care a Trentino Marketing.

La natura non è un immagine da vendere per estrarre profitto o una dea da venerare a cui sottometterci.

La natura è quella potenziale libertà di spirito che spinge ogni vivente a vivere secondo i propri desideri e le proprie passioni sfidando anche le norme e i divieti della nostra civilizzazione.

E sono proprio questi stessi desideri e passioni che oggi ci hanno portato qui, ad essere solidali e alleati di Gaia e Papillon e di tutti gli individui selvatici e non, minacciati in Trentino e altrove.

La moltitudine di dichiarazioni che negli ultimi giorni si sono susseguite, da ogni parte del mondo politico e da vari personaggi pubblici, hanno contribuito ad aumentare la confusione rispetto alla situazione degli orsi, con opinioni buttate nella mischia, ragionate giusto i 5 minuti prima dell’inizio della trasmissione: da Reynold Messner, che ritiene corretto deportare gli orsi, a Licia Colò, che non è ancora riuscita a capire quanto spazio gli orsi hanno al Casteller. Le dichiarazioni dei politici, soprattutto, hanno dimostrato che la loro attenzione agli orsi è tutta ed esclusivamente propagandistica: da Filippo Maturi che, dopo la frattura con la Lega si prende il suo angolino di notorietà dichiarando di aver proposto, lui per primo, la deportazione degli orsi; al ministro Picchetto Fratin che aggiusta le sue dichiarazioni in corsa, per adattarsi a come gira il vento dell’opinione pubblica, passando da “l’orsa va abbattuta” ad “auspico un trasferimento”. Infine ci sono i tecnici dell’Ispra che cercano, un po’ comicamente, di barcamenarsi fra gli umori politici, per non assumersi responsabilità e non scontentare i potenti di turno.
In tutto ciò ci sembra importante riportare la questione lontano dall’isterismo collettivo, su un piano di logica. Su due punti in particolare:
Il primo riguarda la paura scatenata dal tragico incidente sul Peller e fomentata dai politici e la totale mancanza di correlazione fra la paura instillata e il pericolo reale.
Il secondo riguarda le responsabilità politiche legate alla gestione (o meglio alla voluta non-gestione) dei governi che si sono succeduti alla guida del Trentino ed in particolare l’ultima giunta leghista. Per quanto riguarda il pericolo rappresentato dagli orsi, nel 2022 in Italia sono morte oltre 500 persone per incidenti in montagna legati ad escursionismo ed alpinismo. Sempre in Italia nel 2022 sono 1500 i morti per incidenti stradali ma non ci sembra che nessuno veda un problema nell’utilizzo dell’automobile. Ogni anno ci sono anche morti “causate” da bovini in incidenti sul lavoro per chi lavora con le mandrie in allevamenti o fattorie, ma nessuno si sogna di farne un problema di sicurezza per l’incolumità umana. Perché? Perché questi animali sono utili e sfruttabili, mentre gli orsi non lo sono. Ricordiamo infine che negli stessi allevamenti muoiono ogni anno nel mondo 150 miliardi di animali (polli, suini, mucche) smembrati da quelle catene di smontaggio di corpi che sono i mattatoi. Insomma, cercando di riprendere una prospettiva minimamente realista sul mondo che ci circonda, abbiamo da una parte 1 persona morta in un incidente mortale con un orso in oltre 20 anni dall’inizio del progetto Life Ursus e dall’altra animali selvatici braccati e 150 miliardi di morti animali premeditate e macchinalmente eseguite ogni anno. Gli orsi non rappresentano obiettivamente un pericolo per la nostra civiltà. E non sono certo una calamità naturale da affidare alla Protezione Civile, come la Provincia Autonoma di Trento, caso unico al mondo, ha fatto.
Passando alle responsabilità politiche: dal primo giorno in cui ha preso il via la campagna #StopCasteller, noi attiviste abbiamo sostenuto senza tregua che la Provincia non abbia la volontà e nemmeno le competenze per gestire gli orsi e la convivenza. All’inizio gli orsi sono stati deportati dalla Slovenia, contro il parere di diversi esperti, i quali sostenevano la necessità di riportare l’orso lentamente, creando corridoi faunistici dalla Slovenia, consentendo un ritorno spontaneo e graduale. Ci sarebbero voluti cento anni e gli orsi sarebbero tornati da soli. Ma la politica spinse per accelerare il  ripopolamento, prelevando orsi dai loro territori, trasportandoli in gabbia in Italia, rendendoli subito utilizzabili per scopi turistici. Successivamente gli orsi sono diventati solo un peso morto, un intralcio alle attività umane. E la politica, invece di fare cultura di convivenza e insegnare alla gente a convivere
con i pochi selvatici che ancora ci regalano la bellezza della loro presenza, hanno instillato la  paura e la rabbia della popolazione a forza di slogan e bugie. Hanno pensato a creare strumenti per aggirare il regime di particolare protezione previsto dalla direttiva habitat, riservato ai selvatici in via d’estinzione (come l’orso) ed agli ambienti in cui questi animali
vivono. Fra questi strumenti che le giunte trentine si sono create ad hoc per attuare il loro piano di persecuzione e di sterminio di orsi ricordiamo:
1) le modifiche al Pacobace, attuate fra 2013 e 2015, che estendevano la possibilità di catture e abbattimenti e introducevano la figura di “orso dannoso” per le attività economiche umane
2) la legge provinciale 9 del 2018 che rende sufficiente l’autorizzazione del presidente della PAT per procedere all’abbattimento di animali protetti, senza più dover attendere l’autorizzazione del Ministero dell’Ambiente
3) infine le linee guida del 2021 che danno attuazione a quanto sopra.
Ma il fatto che i politici si siano creati da soli gli strumenti per poter abbattere e rinchiudere gli orsi del Trentino e che tutto questo sia considerato legale non significa che sia giusto. Non è né giusto né onesto dato che i reali motivi di questa persecuzione vengono costantemente nascosti e camuffati, agli occhi dell’opinione pubblica, da ragioni di pubblica sicurezza. Un paravento per gli interessi economici di chi da anni fa pressione sulla PAT perché gli orsi (ma come anche i lupi e tutti gli animali selvatici che non  rappresentano un’immediata fonte di reddito) vengano tolti di mezzo. E questi sono allevatori, apicoltori, agricoltori, Confagricoltura e Coldiretti in cima.
Tutte queste cose cerchiamo di spiegarle da anni. Per cui possiamo dire non è con l’improvvisazione ma con l’impegno di un processo che siamo qui oggi, per contrapporre un’alternativa di convivenza ad un sistema che uccide e ingabbia, che vede nell’utile e nel profitto gli unici valori che contano e negli animali non umani solo strumenti, prodotti, o pupazzi inanimati per attrarre qualche turista. Una convivenza giusta è per noi quella che si ottiene senza sfruttamento: dell’ambiente, degli habitat, dei viventi umani e non umani.
Dobbiamo ricominciare a percepirci come esseri eco-dipendenti. Operare per una società in cui l’importanza di lasciare spazio alla natura e alla biodiversità prevalga sugli interessi economici, individuali ed elettorali. Una società in cui l’unico valore non sia produzione e accumulo, ma cura e responsabilità condivisa e in cui umani e non umani possano coesistere senza una graduatoria di valore. Una società dove non sia dato per scontato il diritto dell’uomo di depredare il territorio uccidendo qualsiasi animale sia di intralcio. La natura non dipende da noi, perché noi non siamo gli unici a poter credere di possederla e beneficiarne. L’ecosistema è semmai la nostra società, e questa società si compone di vite altre e differenti. Gli orsi, i lupi e tutti gli altri animali lottano per vivere pienamente la loro esistenza come soggetti e non come risorse da sfruttare e ed è proprio quello che stiamo facendo anche noi, oggi, in questa piazza, al loro fianco, ma anche per noi.

Mi sono avvicinata all’antispecismo recentemente, grazie ad amiche che ora ho anche il privilegio di chiamare compagne. Mi sono avvicinata al pensiero politico antispecista perché qualcosa nel mio femminismo, che chiamavo intersezionale, intersezionale non era davvero. Il disagio che provavo all’idea di pensare alle mucche e agli agnelli come corpi di cui sfamarmi si è acuito con il tempo e con lo studio (per quanto sia possibile dedicarsi a uno studio di piacere quando si studia giurisprudenza).
Oggi mi trovo qui a protestare contro un luogo di oppressione, un carcere, come alleata di Gaia, Papillon, e Nino e di tutti gli altri orsi che hanno attraversato questo luogo di prigionia per essere poi trasferiti in luoghi altrettanto violenti. Penso ad esempio a M57, deportato in Ungheria in uno ZOO dove viene sfruttato per intrattenere i turisti, che lo possono pure nutrire con il miele.
Molte delle persone che non sono qui oggi, e forse anche qualcuna che è qui, non lo so, possono pensare che dedicarsi con anima e corpo ad una campagna per l’eliminazione della prigione cui siamo davanti, ad una elaborazione di politiche precise di convivenza e all’interrogarsi sul proprio rapporto con questi animali sia superfluo in un mondo capitalizzato in cui viene ucciso mezzo miliardo di animali al giorno, cifra peraltro calcolata al ribasso essendo contati solo gli animali per nutrizione e non anche tutti gli altri.
E io la capisco questa perplessità, tuttavia noi come persone antispeciste crediamo nella individualità di ogni singolo animale non umano e dunque non è strano per noi trovarci oggi a fianco di 3 orsi. La violenza, il menefreghismo, il benaltrismo e la scarsissima lungimiranza che gli esponenti politici hanno dimostrato da Life Ursus ad oggi riflette lo specismo di cui la nostra società è intrisa. L’essere disposti a deportare, ammazzare, imprigionare degli individui per il proprio tornaconto politico senza essersi fermati mezzo secondo a pensare che si tratta di vite esattamente come le nostre, vite che vengono già soffocate da una antropizzazione sconfinata delle loro zone, vite di animali che devono fuggire dalle stesse persone che hanno voluto la loro reintroduzione!
Noi crediamo in queste vite, riteniamo che abbiano un diritto di occupare il territorio tanto quanto noi animali umani, riteniamo che debbano essere rispettati tanto quanto noi. Le politiche messe in atto da Fugatti & Co e da chi li ha preceduti – o meglio le politiche mai messe in atto – sono un attacco tanto agli orsi che alle persone umane che abitano la montagna.

BASTA BUGIE, BASTA VIOLENZE, BASTA SPECISMO!

Gli attivisti e le attiviste della Campagna Stop Casteller non conducono nessuna battaglia contro nessuna grande associazione nazionale. Anzi, riteniamo che le grandi associazioni nazionali siano dotate di uffici legali efficientissimi, che oggi vogliamo ringraziare  pubblicamente, perché in tantissimi casi gli avvocati come quelli di Leal, Lav, LNDC sono risolutivi e fanno la differenza, quindi ci teniamo in piazza a ribadire la nostra estrema gratitudine verso chi conduce le importantissime battaglie legali che portano le ordinanze ad essere contestate, bloccate, e che spesso vincono ricorsi salvando letteralmente la vita degli animali. Non intendiamo e non abbiamo mai inteso sostenere nulla di gravemente denigratorio nei loro confronti e sappiamo che il nostro contributo è di natura totalmente diversa. La Campagna StopCasteller, condotta da due gruppi di persone affini è aperta a tutti e tutte coloro che vogliono partecipare. Detto ciò, gli attivisti della campagna StopCasteller cercano di essere coerenti e di portare avanti la campagna con razionalità e tenere a bada, per quanto possibile, le emozioni. Alcune di queste emozioni ci portano a ritenere che non importa dove vadano a finire gli orsi, l’essenziale è che sia salva la loro vita. E’ un sentimento condivisibile, che proviamo anche noi, ma vorremmo condividere oggi con tutti e tutte voi, alcune riflessioni in merito che possono sembrare scomodo e superflue ma che sono necessarie.
Abbiamo chiamato questa campagna STOPCASTELLER perché questo luogo è sì un luogo fisico di detenzione, ma è anche e soprattutto un luogo simbolico. Che rappresenta il dominio umano dell’uomo sugli animali, in particolare sui selvatici e sugli orsi. Ogni secondo il genere umano pratica il sistematico sterminio industriale di migliaia di individui animali destinati alla produzione alimentare, e non pago di questo, non riconosce più nemmeno agli individui selvatici che abitano la montagna, la loro casa, il diritto alla vita e alla libertà.

Abbiamo cominciato la Campagna StopCasteller perché riteniamo questo luogo essere un lager. Anche una volta tirati fuori gli orsi dalle gabbie di 3×4 metri che abbiamo documentato anni fa, lo spazio delle tre aree verdi a disposizione di ciascun orso sono di meno di 1 ettaro a testa (per la precisione 0.7 ettari).
Ritentiamo che siano spazi insufficienti per garantire una vita dignitosa agli orsi.
L’areale, cioè la zona di vita di JJ4 tra Malè, Caldes, e Madonna di Campiglio è di 3700 ettari. Lo ripetiamo : 3700 ettari. Questo secondo i dati trasmessi dal radiocollare negli anni 2020 e 2021. 3700 ettari sono lo spazio vitale di cui ha bisogno JJ4 per vivere una vita felice. Se anche questo spazio volessimo dimezzarlo due volte, dovremmo parlare almeno di 1000 ettari di bosco.
Lo spazio per ciascun orso nel Casteller è di 0.7 ettari, per questo è un lager. Lo spazio destinato a JJ4 nel “rifugio” di cui si sta parlando in questi giorni è di poco maggiore del Casteller. Lo spazio in cui venne due anni fa deportata DJ3, in uno zoo tedesco, è di 0,3 ettari. Poco di più lo spazio per M57. Entrambi condotti dove lo spazio destinato ad ogni animale è minore che al Casteller.

Queste non sono soluzioni, sono deportazioni in lager, con pagine social rassicuranti, ma spazi inadeguati.
Quasi tutti questi parchi sono in realtà rifugi solo sulla carta e adatti forse a orsi nati e cresciuti prigionieri, ma non a orsi nati e cresciuti liberi.
Un orso che ha vissuto in un circo o in cattività, che viene condotto in una piccola area recintata e strappato allo stress di esibizioni e viaggi, sicuramente vive una vita migliore. Ma un orso selvatico, che è cresciuto e ha vissuto in 3700 ettari, recluso in uno spazio grande grossomodo come il Casteller, è un orso che condanniamo al carcere duro. La Pat non è interessata alle sorti di questi animali, alla sofferenza della loro
prigionia che dura anni, la Pat vuole solo rispondere al suo elettorato di cacciatori e allevatori. Ma queste condanne NON POSSONO AVVENIRE TRA I FESTEGGIAMENTI DEI MOVIMENTI ANIMALISTI. Sono le uniche soluzioni possibili, ce ne rendiamo conto, sono le sole vie per salvare la vita di questi orsi. Ma non possiamo accettarle. La Pat risolve il suo problema, lo fa a costo zero, visto che altri si accollano anche le spese degli spostamenti, portando gli animali lontani dalla nostra vista, ottenendo anche l’astuto risultato di tenere almeno due spazi liberi al Casteller a disposizione per future catture. Non dovremmo permetterlo. Se a JJ4 si salverà la vita, sarà il solo modo possibile, e non intendiamo denigrare chi persegue questa soluzione. Ma non è una vittoria: JJ4, DJ3, M57, M49 sono orsi condannati al carcere duro, non sono orsi a cui è stata salvata la vita, ci dobbiamo chiedere, che genere di esistenza avranno da qui al giorno della loro morte? Per alcuni orsi molto giovani come M57 sarà tra 20 anni: 20 anni di zoo. E’ un lieto fine? No. Ci dobbiamo chiedere se tutti e tutte noi combattiamo contro zoo e bioparchi, perché per gli orsi trentini pensiamo invece sia una soluzione giusta? E’ un finale che rende più felici gli orsi o noi animalisti? Anche per questo siamo davanti a questi cancelli oggi, per ricordare a tutti e tutte che ogni orso strappato alla sua casa, alla sua libertà, è una sconfitta. E’ una morte comunque, solo più lunga. Quotidiana. Contro questo dobbiamo lottare, la soluzione non è e non sarà mai la deportazione. La sola soluzione è che Fugatti si dimetta e che la Pat non abbia più in mano la gestione della convivenza tra orsi e esseri umani.

La piazza di oggi torna a puntare il dito contro quella prigione che è il Casteller. Come tutte le prigioni, questa struttura pretende infatti di essere invisibile agli occhi del buon cittadino, a passare inosservata e a raccontarsi per quello che non è. Oltre due anni fa, abbiamo smontato una parte di questa gabbia, letteralmente, svelando la triste realtà. Mentre la giunta Fugatti parlava di spazi compatibili con l’etologia dell’orso, abbiamo mostrato celle di 3 metri per 4, palizzate altissime, fili spinati e psicofarmaci usati quotidianamente per “gestire” la sofferenza infinita di chi vi è rinchiuso. E come accade spesso con la prigione, c’è subito chi si fa avanti parlando di prigioni migliori, spazi un po’ più ampi, proponendo soluzioni che soluzioni non sono. E adesso sappiamo anche che il Casteller si caratterizza per un altro elemento tipico del carcere: la separazione forzata dei genitori dai figli. Gaia, infatti, è stata catturata lasciando deliberatamente i suoi cuccioli nel bosco, condannando loro a una probabile morte e lei a una sofferenza
infinita.
Abbiamo portato la nostra solidarietà a Papillon, evaso due volte da questo carcere. Oggi la portiamo a Gaia, che è vittima della vendetta di Stato. Una vendetta che anche la famiglia della sfortunata vittima di pochi giorni fa ha compreso essere inutile e opportunistica. Opportunistica, sì, perché la vendetta di Stato lo è sempre: non obbedisce al buon senso né alla reale volontà di risolvere i problemi di convivenza. Risponde soltanto alla necessità di compiacere la parte più becera del proprio elettorato, lasciando immutato se non aggravato il problema. Un problema che spesso è stato creato ad arte, come in questo caso in cui un’orsa fra le tante è stata dipinta come un mostro. La vendetta di Stato risponde anche alla necessità di occultare l’incapacità di gestire un progetto come Life Ursus, di nascondere tutto ciò che questa Giunta e le precedenti avrebbero dovuto e non hanno voluto fare.
Abbiamo imparato a riconoscere la vendetta di stato mille volte: nelle sentenze dei tribunali che colpiscono chi esprime il dissenso e lotta contro un sistema iniquo, nel 41bis e nell’accanimento contro Alfredo Cospito, negli ordini di abbattimento contro ogni mucca che evade dall’allevamento e fugge disperata per le strade.

Abbiamo anche imparato a riconoscere l’odio verso chi viola i confini imposti da una parte dell’umanità: dalle sex workers perseguitate nelle strade, ai migranti uccisi nel Mediterraneo cui è negato persino il cordoglio perché in fondo sarebbe colpa loro; dai cinghiali che attraversano i boschi e si avvicinano alle zone che abbiamo deciso essere di nostra esclusiva proprietà; fino agli orsi trentini, reintrodotti per incentivare il turismo pensando che fossero degli obbedienti e fotogenici peluche, e non dei soggetti che si autodeterminano.
Contro la vendetta di Stato, chiudiamo tutti i Casteller.

Chiediamo la liberazione dell’orsa JJ4 in modo che possa riunirsi ai suoi cuccioli e che MJ5 e M62 vengano lasciati in pace!
La Rete dei Santuari di Animali Liberi in Italia, mediante il presente comunicato chiede l’immediata liberazione dell’orsa JJ4 in modo che possa riunirsi ai suoi tre cuccioli attualmente lasciati soli nei boschi trentini e che gli orsi MJ5 e M62 non vengano perseguitati ma lasciati liberi di vivere la loro vita selvatica.
Le gravi evidenti e croniche carenze della Provincia Autonoma di Trento nella gestione del progetto Life Ursus, sono causa della mancata sostituzione del radiocollare di JJ4 scarico dallo scorso agosto, ad ignorare (o peggio a non tenere in considerazione) il fatto che l’orsa avesse dei cuccioli da più di un anno – notizia che è stata divulgata solo a cattura avvenuta -, della mancata adozione di una cartellonistica adeguata, della scarsa sostituzione dei cassonetti dei rifiuti con appositi cassonetti anti-orso e della vergognosa assenza di un programma di informazione ed educazione per residenti e turisti su un adeguato comportamento da tenere in caso di incontri con gli orsi. Quanto esposto ci porta inevitabilmente a concludere che non può non essere considerato come causa principale della tragedia accaduta. La responsabilità della terribile morte del giovane runner trentino Andrea Papi, non deve ricadere sugli animali selvatici che non fanno altro che essere sé stessi.
JJ4, ora rinchiusa nella prigione del Casteller che, come ben sappiamo, è una sorta di lager per orsi dove si somministrano persino grandi dosi di psicofarmarci per tenere calmi gli animali detenuti, sta aspettando il giorno della sua esecuzione, atto finale crudele, specista e inutile che sa solo di vendetta umana nei confronti di un animale selvatico.
Ma JJ4 non è la sola a correre un grande pericolo: gli orsi MJ5 e M62 verranno presto catturati e subiranno lo stesso trattamento perché considerati pericolosi dalle autorità “competenti”. E poi ci sono i circa 70 orsi che il Presidente della Provincia Autonoma di Trento Maurizio Fugatti vorrebbe comunque cacciare dai territori dove attualmente vivono. Queste assurde persecuzioni, queste condanne a morte, rifiutate più volte persino dai genitori di Andrea Papi (“La vendetta non ci interessa, uccidere JJ4 non è giustizia. La
vera responsabilità è delle istituzioni”), rappresentano in verità un preciso progetto politico volto all’eliminazione degli orsi dal territorio provinciale, perché ritenuti colpevoli di causare danni alla potente lobby degli allevatori locali.
Alla voglia di sangue si uniscono la totale ignoranza in materia di gestione degli orsi e l’arroganza dimostrata nel processo decisionale, tanto che addirittura l’Ordine dei Veterinari della Provincia Autonoma di Trento è arrivato a emanare un comunicato in data 18 aprile, mediante il quale prende una
dura e inequivocabile posizione contro le decisioni di Fugatti.
Non c’è alcun senso in quello che sta accadendo a questi orsi. Nessuna volontà di fare giustizia sia per il giovane umano morto, sia per gli orsi.
Oltre alla liberazione degli orsi, chiediamo quindi che Maurizio Fugatti si dimetta dall’incarico di Presidente della Provincia Autonoma di Trento per aver dimostrato grave incompetenza e malafede nella gestione degli orsi.
Nel frattempo noi della Rete dei Santuari di Animali Liberi in Italia ci uniamo e vi invitiamo ad unirvi alla giornata di protesta che si terrà davanti alla prigione del Casteller a Trento, domenica 23 aprile.

Come assemblea ecotransfemminista e antispecista CORPI E TERRA di NUDM, siamo qui oggi per ribadire la nostra totale solidarietà alle orse e agli orsi su cui pesa ora una condanna a morte: a Gaia, a Johnny, a M62. Ma anche solidarietà a M49 ancora recluso nel carcere del Casteller imbottito di psicofarmaci e in attesa di un destino patibolare e a tutt gli/le orse che vivono su queste montagne in una condizione di semi libertà, in una sorta di arresto domiciliare, visto che non sono stati neppure prediposti, a suo tempo, gli appositi canali faunistici che avrebbero favorito la loro libera circolazione com’era giusto che fosse. 
Siamo qui per ribadire il loro diritto alla piena autodeterminazione, il loro desiderio di libertà e di una vita svincolata dai biechi interessi di istituzioni drammaticamente e colpevolmente inefficaci.

Finché lasceremo legiferare impunemente di vita e di morte sulle vite animali, nessun* sarà al sicuro, perchè è proprio questo il punto visto che ci sentiamo in diritto di prelevare, spostare, controllare, radiocollarare, recludere e abbattere gli animali selvatici a seconda di una presunta sicurezza e utilità – tutta umana – così come legiferiamo su chi sgomberare, lasciare annegare, rimpatriare, su chi considerare “carico residuale”, su chi respingere o accogliere in base alla provenienza e al colore della pelle oltre che alla classe di appartenenza, a seconda delle false emergenze via via proclamate.

Tutto questo accade mettendo in atto una specifica gerarchizzazione della vita e dei corpi, da quelli fuori norma e disabilizzati a quelli dei migranti fino a quelli degli animali selvatici percepiti sempre più spesso come un “disordine” da riorganizzare, come corpi indecorosi da irregimentare per il decoro o la sicurezza pubblica, come corpi da sacrificare comunque e il più violentemente possibile.

Il filo spinato, le gabbie, i muri… le recinzioni stesse del Casteller, dei CPR, delle carceri sono ineclissabili prerogative politiche dei governanti di turno; sono simboli concettuali e materiali di distanziamento, di separazione, di esclusione, di barricamento. Sono simboli di una violenza politica estrema e della sua arbitraria ambiguità pastorale che si prefigge di assistere/proteggere una popolazione, auspicabilmente passiva, fatta appositamente sentire sempre più in pericolo e sempre più minacciata da un’invasione sempre imminente, umana o non umana che sia. .

Ma noi qui oggi, animali non umani compresi, NON siamo e NON saremo passivu. Come ci ha insegnato recentemente M49, evaso ben due volte proprio da questo carcere del Casteller, vogliamo ribellarci, insorgere, difenderci e aggredire a nostra volta, ognun* con le modalità che ritiene più opportune, questa politica che respinge, che marginalizza, che reprime e abbatte ogni tentativo di libertà per una vita degna di questo nome.

A Gaia, Johnny, M26, M49 e a tutti gli animali annientati dalla furia e dalla violenza del suprematismo umano – soprattutto occidentale, soprattutto bianco – e per riportare alla coscienza ancora e ancora l’immane massacro quotidiano dellu animalu e dellu animalizzatu, vogliamo dedicare queste parole tratte da un libro che fa parlare un orso riuscendo a non parlare in vece sua:

“Mangio, bevo, corro, sogno, penso, lascio tracce e le cancello, mischio finte tracce – e ancora tracce su altre tracce, falsi indizi, piste infide, segni vuoti e criptici o ambigui – e mi nascondo, corro, rido, ruglio di rabbia esuberante o d’incontenibile gioia, esco allo scoperto, piango, desidero, rigurgito, corro di nuovo, e sudo, graffio, mordo, urlo, defeco, scatto, piscio, mi masturbo, poi sento il lutto e mi annoio, mento e non perdono, talvolta canto, invento musica, talaltra gioco, cerco ospitalità nella densa oscurità del bosco, danzo, e poi inseguo la luce calda sopra il pelo, strappo, mi ferisco, sanguino, insonne corro, tengo gli occhi aperti, e dormo e sogno – e anche allora corro.”

Siamo qui oggi con le compagne di Scobi e Assemblea antispecista e tutti i gruppi che hanno reso questa giornata possibile per gridare forte la nostra solidarietà a tutti gli orsi e animali non umani che oggi si trovano in pericolo a causa dalla grave incompetenza di questa Giunta provinciale, che nulla ha a cuore se non il profitto e la ricerca del consenso elettorale a scapito di qualsiasi essere vivente incontri sulla sua strada!
Non possiamo più tollerare il perpetrarsi di questa oppressione sistemica che pretende di vedere come terreno di sfruttamento e assoggettamento, qualsiasi forma di esistenza diversa da quella umana.

Di fronte a questo vogliamo invece portare un chiaro segnale di forza e sorellanza, unite più che mai per difendere la vita in ogni sua forma, che oggi si incarna in JJ4 e in tutti gli altri “dead bears walking” che come noi lottano per la loro esistenza e per riappropriarsi di uno spazio che gli spetta di natura e di diritto, che pretendiamo ogni giorno di possedere e sottomettere illegittimamente per una ormai anacronistica retorica antropocentrica che non ha mai veramente smesso di vederci al centro dell’universo.

Per questo oggi, come ogni giorni, ci ribelliamo per la vita finché ogni gabbia non sarà vuota!

E vorrei aggiungere una considerazione personale, in molte culture animiste sciamaniche come gli ainu giapponesi e i nativi americani gli orsi ma soprattutto le orse, creatrici di vita, sono sempre state rispettate come dee preservatrici della Montagna, che non ha bisogno dell’ingerenza umana per preservarsi e autobiolanciarsi. Rispetto per la natura, la montagna e tutti gli esseri che la abitano!! PEACE ☮️