Manifestazione #stopcasteller
Ne abbiamo viste tante in questi mesi. Due orsi, orso Sonny-M90 prima e mamma orsa KJ1 poi, etichettati come “problematici”, muniti di radiocollare, quindi fucilati su ordine del presidente della PAT. Tra la prima e la seconda esecuzione c’è stata l’approvazione di una legge che, con la connivenza di ISPRA, ammanta di legalità e scientificità il proposito di annientare una popolazione animale già estremamente fragile in quanto isolata e con alto tasso di consanguineità.
In entrambe le uccisioni sono andate in scena inedite forzature procedurali giocate sul filo dell’illegalità, con decreti di abbattimento pubblicati di nascosto, ritirati e poi ripubblicati nel cuore della notte con il chiaro obiettivo di impedire di presentare regolare ricorso al tribunale amministrativo.
Mentre almeno due orsi sono attualmente ricercati, c’è stato almeno un nuovo decesso misterioso di orso attenzionato dalla PAT (circa un mese fa, una femmina tredicenne, F12, col suo cucciolo) ed è giunta la conferma che la morte di due orsi anch’essi candidati alla cattura e rinvenuti senza vita l’anno scorso è stata frutto di bracconaggio: Johnny-MJ5 avvelenato, Fiona-F36 fucilata.
Un orsetto albino di pochi mesi visibilmente agonizzante è stato lasciato morire dal personale della Forestale che non ha ritenuto di dover allertare il veterinario competente nemmeno per alleviare le sue sofferenze. Il precedente caso di orsetto (Nino-M89) in difficoltà, salvato in extremis solo grazie alla testardaggine del dottor Guadagnini, si è invece concluso con la sua condanna a fare il pagliaccio a vita nel minuscolo recinto dello zoo Belpark in Val di Non.
Sullo sfondo il solito paesaggio: nessun monitoraggio puntuale: dell’intera popolazione di orsi solo un esemplare femmina, presumibilmente catturata per sbaglio quando l’obiettivo era un altro, è attualmente munita di radiocollare, mentre il prossimo campionamento sarà tra un anno. Quanti saranno gli orsi rimasti in vita per allora? Nessuna presa di distanza o condanna pubblica da parte delle istituzioni degli episodi conclamati di bracconaggio. Nessuna prevenzione: niente bidoni anti-orso, nessuna informazione capillare, nessuna limitazione dell’accesso a determinate zone, nessuna eliminazione dei siti di foraggiamento. Solo una inutile legge “fuffa” volta a creare un falso senso di sicurezza mentre nel concreto non si fa nulla per prevenire nuovi incidenti.
Radiocollari utilizzati non al fine di monitorare per conoscere e migliorare la coesistenza, ma di individuare non appena si ha in mano l’autorizzazione per uccidere. Un mondo scientifico, infarcito di ideologia antropocentrica, piegato ai desiderata di un intero arco politico che guarda solo al proprio immediato tornaconto elettorale. Raccolte di firme in molte valli trentine per gettare benzina sul fuoco della paura promettendo qualcosa che mai sarà realizzabile per vie legali (l’eradicazione di una specie particolarmente protetta a livello nazionale ed europeo) ma perfettamente praticabile se si decide di chiudere un occhio sullo sterminio “dal basso” ad opera dei bracconieri. E ancora, salvo rarissime eccezioni, stampa irresponsabile e allarmista e repressione a piene mani per chiunque dissenta, fogli di via da Trento (o addirittura dall’intera provincia) “regalati” ad attivisti come fossero caramelle per iniziative di protesta assolutamente pacifiche.
Nessuno più di noi è consapevole che leggere questa carrellata di informazioni può mettere le vertigini, ma anche se non vediamo una concreta possibilità di miglioramento nel breve termine è indispensabile rifiutare l’ineluttabilità della violenza e della prepotenza per continuare a portare all’attenzione di tutti un messaggio diverso. Per ribadire un concetto semplice: anche la vita animale conta! E soprattutto che quel che vale per la nostra specie dovrebbe valere anche per le altre: anche la vita del singolo individuo conta!
Siamo ormai alle porte dell’autunno, che se per noi implica rientrare nella solita routine, per i selvatici significa invece vedere la propria casa nuovamente invasa da uomini armati il cui obiettivo è prendersi la loro vita.
Sabato 21 settembre torneremo in piazza per denunciare nuovamente la mentalità del “fàr e tasèr” perché sappiamo benissimo che nell’indifferenza della legge e delle istituzioni, come già avvenuto lo scorso autunno, alcuni di quei fucili spareranno anche contro gli orsi.
Lo faremo come sempre restando fedeli allo stile che ci ha sempre caratterizzato: riconoscere l’estrema complessità della tematica della convivenza, ma senza perdere la speranza che esista ancora un futuro per questi animali perseguitati.
Mentre si consuma anche la strage di cinghiali, che vengono uccisi perché considerati causa del diffondersi della PSA, quando sappiamo benissimo che l’ambiente in cui quest’ultima prolifera sono gli allevamenti, ricordiamo come un anno fa ci siamo riunite a Sairano, a presidiare il rifugio Cuori Liberi, dove la peste, proveniente dagli allevamenti vicini, era entrata. Saremo a Milano venerdì 20 per ribadire che a un anno di distanza la PSA è tornata, che la situazione per i rifugi non è cambiata e che, quindi, non smetteremo di chiedere protocolli diversi per gli animali che ci abitano, che sono stati sottratti dalla catena di smontaggio della zootecnia e che vivono vite degne di essere vissute, che devono mantenere la stessa dignità anche nella malattia e nella morte.
Scendiamo in piazza per dire basta alle logiche antropocentriche e del dominio, alla politica asservita al capitale e agli interessi delle aziende zootecniche e del turismo. Abbiamo bisogno di tutte e tutti in questi due giorni fondamentali per farci sentire e ribadire che non ci stiamo e che daremo sempre battaglia, che sia contro un’ordinanza per uccidere un’orsa o per violare di nuovo i confini di un rifugio. La lotta è la stessa e noi ci siamo!